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I fantocci di Maria Signorelli sono una delle creazioni più originali della cultura figurativa italiana ed europea del primo Novecento. 

Il regista Anton Giulio Bragaglia li espose per la prima volta  il 16 marzo del 1929 nella sua galleria d’arte di Roma: l’anno dopo vennero presentati a Parigi da Giorgio de Chirico , per poi passare a Berlino. Era l’avvio di una carriera internazionale. 

Realizzati in tessuti, fili, nastri e con l’aggiunta episodica di objets trouvés, come frammenti di specchio, stecchini, bottoni, i “fantocci” sono sculture morbide, ispirate alla letteratura, ma la cui vita artistica è autonoma e in sé compiuta. 

 Maria vi esplicitava suggestioni che andavano dal Manifesto tecnico della scultura futurista (1912) di Boccioni, che liberava le forme plastiche della modernità, intuendo la possibilità di realizzare sculture in qualsivoglia materiale, al Manifesto del tattilismo (1921) di Marinetti, che privilegiava i valori tattili su quelli cromatici, all’ironia incantata e poetica dei manichini metafisici  di de Chirico, alle marionette di Depero, di Klee o di Alexandra Exter  I “fantocci” di Maria Signorelli furono vita concentrata in una sintesi figurativa fulminea, personaggi a tutto tondo, ancorché sganciati dal testo che li aveva ispirati. 

Come i “personaggi in cerca d’autore” di Pirandello, non a caso pressoché coevi, essi reclamano la piena legittimità di una vita non reale, ma “vera”: vera perché poetica.

Patrizia Veroli

   

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